Elif Shafak, la difficile vita di una scrittrice in Turchia

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Elif Shafak è una scrittrice le cui opere sono ancora, per molti, un tesoro nascosto. In questa intervista racconta come una scrittrice può lavorare in un paese estremamente difficile come la Turchia.
Da anni è candidata ai più prestigiosi premi letterari del mondo ma in Italia stenta a decollare nonostante i 6 titoli tradotti su 14 libri pubblicati in turco e 5 in inglese, tra cui il più famoso è “La bastarda di Istanbul”.

“Io sono una nomade, nell’anima, nel cuore e nella mente”, dice. «Non credo che abbiamo bisogno di scegliere tra la cultura da cui veniamo e la cittadinanza universale. Io mi sento di Istanbul ma anche londinese. C’è una parte di me che è del Medio Oriente e un’altra parte che è collegata ai Balcani e al Mediterraneo. Sono un’europea per gli ideali in cui credo, per la mia mentalità. Ma sono anche un’anima globale ”

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Bit Palas (Il palazzo delle pulci) pubblicato nel 2005 e best seller internazionale

Nel 2006 è stata accusata in Turchia – come il suo collega scrittore turco Orhan Pamuk per presunto “vilipendio della nazione” per il suo romanzo “La bastarda di Istanbul” sul massacro degli armeni durante la prima guerra mondiale. Con questa imputazione avrebbe potuto trascorrere tre anni di carcere ma alla fine è stata assolta. Questa esperienza ha evidenziato i pericoli di essere un artista sotto un regime sempre più repressivo.
“Essere un artista in Turchia è una lotta costante,” dice. “Se sei una donna, la lotta è ancora più dura. In una società patriarcale come quella turca, scrittori e artisti cercano di ritagliarsi uno spazio indipendente e individuale per se stessi. Il sistema di istruzione non incoraggia la creatività. La cultura, in generale, tratta le diversità come un problema. Dobbiamo resistere a qualsiasi nazionalismo”.

Sul genocidio degli armeni, argomento che sta molto a cuore ad Elif Shafak: “La Turchia vive una sorta di amnesia collettiva. Nella mia patria tutto sembra scritto sull’acqua tranne l’architettura e la letteratura. Ma penso che la memoria è una responsabilità. ”
L’ultimo romanzo (The Architect’s Apprentice non ancora tradotto in italiano) utilizza proprio l’architettura come metafora per descrivere la brutalità e la spietatezza del regime al potere che si accanisce contro il maestro Mimar Sinan le cui moschee, palazzi e ponti possono ancora essere visitati attualmente in Turchia.

“Scrivere di storia significa entrare in conversazione con il passato. E una conversazione con il passato è un altro modo di parlare al presente. Soprattutto in Medio Oriente, dove molti dei problemi che sperimentiamo oggi sono radicati nel passato.”

I libri di Elif Shafak sono disponibili in arabo, turco, rumeno, russo, albanese, polacco e ucraino.

intervista tratta da irishtimes.com